Da carcere a residence
L’ex penitenziario di Aversa rivive una vita migliore come residenza
studentesca•
La scelta di destinare un ex luogo di reclusione a casa per studenti universitari contiene in sé una contraddizione apparente che si è trasformato in uno spunto progettuale.
Quando sono entrato nell’ex carcere i cortili erano inaccessibili per le erbe cresciute negli anni di abbandono dell’edificio, gli ambienti pericolanti e ingombri di materiali. Nelle celle erano accatastati i registri dei passaggi dei detenuti e tra le carte abbandonate ho letto qualche pensiero di libertà.
In una città ormai assediata dalle emergenze, tra differenti sogni di evasioni che oggi molti coltivano tra disillusione e un residuo senso di responsabilità, in una città dove la qualità è confinata in nicchie nascoste, così come la bellezza sommersa da onde aggressive, l’idea di base è divenuta quella di restituire all’edificio esistente un ruolo di punto di riferimento per l’intorno più immediato.
Un punto di riferimento ambivalente: una specie di monolite all’esterno, chiaro e pulito, e uno spazio aperto e destinato a una sosta piacevole all’interno.
La compattezza del manufatto dagli angoli ringrossati come un bastione sull’unica antica strada di accesso alla città, contrapposta alla frammentazione dell’edilizia più prossima, quasi una sorta di durezza necessaria, l’atmosfera di calma e di essenzialità che la configurazione dei cortili conteneva già in sé, un certo senso di protezione dall’esterno, i rapporti dei muri con il sole e le ombre che in quest’area geografica sono presenze significative, l’articolazione delle facciate interne disegnate dal sistema di scale e varchi alternate ad altre facciate totalmente mute, le potenzialità che la struttura custodiva sotto i rimaneggiamenti succedutisi negli anni, tutto ciò era materiale su cui lavorare per rispondere allo scopo.
Il progetto ha assecondato queste linee, le ha disvelate dove se ne intuiva la presenza latente, ha innestato nel corpo dell’edificio dove necessario i propri segni.
La scelta finale in linea con quanto detto è stata di dipingere tutto di bianco, lasciando a vista soltanto i colori ruvidi dei materiali.
È stato un lavoro lungo, iniziato con il progetto del 2001 e ultimato in questo anno, appaltato con un forte ribasso. C’è stato quindi tutto il tempo per capire le ragioni della costruzione, per modificare le intenzioni quando la materia a disposizione lo richiedeva e per adeguare le scelte alle difficoltà. C’è stato tutto il tempo per amare questo edificio.
Crediti:
con Vargas Associati Davide Vargas e Luciano Palmiero
collaboratori: Angela Pellecchia, Giancarla Verolla