Sono stato a visitare la mostra degli Uffizi allestita in una casa sequestrata alla camorra. Mi hanno accompagnato gli architetti progettisti. Costantino e Giuseppe Diana li conosco bene. Sono stato loro tutor in un trionfale workshop di qualche anno fa. Poi li ho seguiti e ogni tanto ci siamo visti. Invece non conoscevo Raffaele Semonella. I cugini Diana vengono da Casapesenna. Semonella da Caivano. Tutta roba nostra. Il titolo della mostra è: La luce vince l’ombra
Hanno lavorato con intelligenza. In realtà hanno impacchettato la casa in una rete da cantiere montata su una struttura di tubi da ponteggio. Come in un’opera di Christo hanno coperto gli archi i timpani e i capitelli. Poi hanno disteso un manto di ghiaia sui cubetti di porfido del cortile nascondendo rose dei venti e altro ciarpame. Infine hanno disegnato una passerella di legno che conduce dal portone all’ingresso. Tutto qua. All’interno i quadri sono esposti su pareti dipinte di un verde che gli Uffizi hanno denominato Gherardo in onore e ricordo di Gherardo delle Notti [autore di una delle opere danneggiate dagli attentati di mafia del 93]. Niente scarti ma roba seria: Mattia Preti, Luca Giordano, Artemisia Gentileschi…fino al “Fate presto” di Andy Warhol [che viene da Caserta].
Poi abbiamo preso un caffè tra edifici non finiti. Scheletri di cemento. Tompagni di laterizio. Cornici sagomate di cemento o gesso. Marciapiedi sbrecciati e malerba insediata sul ciglio polveroso. Qualche anno fa accompagnai un fotografo milanese negli stessi luoghi. Era il tempo del processo Spartacus. C’era una tensione incombente pesante come un cielo di ferro. Tutto appariva irreparabile.
Tra le maglie della rete ancora si intravedono le ombre dello sfarzo pacchiano. Piove. Poche gocce. Cadono con un tonfo sommesso sulla terra secca. Imprimono al suolo un alone di umido. Sale gradevole il profumo inconfondibile delle cose bagnate. Ma è una pioggia timida. Si ritira in un attimo. Il cielo si apre e torna una luce azzurra.
