LE NOSTRE ANIME DI NOTTE

Certo la trilogia [Canto della pianura, Crepuscolo, Benedizione] è un’altra cosa ma Kent Haruf è un gigante anche in questo racconto lungo. Le nostre anime di notte racconta la storia di Addie Moore e Louis Waters. Entrambi avanti con gli anni, vedovi e intrappolati in giornate vuote. Un girono Addie fa visita a Louis e dice: Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me. Semplicemente e senza giri di parole. E così va avanti tutto il libro, sussurrando intimità e narrando sempre e solo piccoli gesti di amicizia e infine di amore. È la cifra stilistica di questo immenso scrittore che racconta la provincia americana e i suoi segaligni abitanti con la compassione e l’affetto di un vecchio e comprensivo padre. Scrittura essenziale, scabra, affilata e delicata, in perenne lotta con il superfluo. Ma è una lotta che non produce attriti, bensì un tono naturale. Come se non potesse che essere così.

 

Naturalmente la storia si svolge a Holt, cittadina del Colorado che esiste solo nella letteratura di Kent Haruf. Ma la provincia, sia pure letteraria e per questo ancora più autentica, non può reggere questa scelta. Perché non ha gli strumenti per decifrarne il sentimento profondo che ne anima il percorso. Allora usa categorie improprie: spregiudicata, sovversiva, ribelle. Non si accorge che è solo un tenero e delicatissimo amore. Per questo inaccettabile. Il finale è la storia di un rimpianto.

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